Associazione “Rompi il silenzio”

Il femminicidio è la prima causa di morte delle donne in Europa e nel mondo. Il più delle volte questo si consuma in famiglia, per mano di parenti, mariti, amanti, compagni, ex, conoscenti; nella maggior parte dei casi il gesto è giustificato facendo leva sul movente passionale, sul contesto disagiato, sul fatto che avvenga in zone critiche del pianeta, ma è una pessima giustificazione: il fenomeno della violenza di genere è un fenomeno trasversale e non è condizionato in alcun modo da etnia, religione, contesto sociale, etc.

La violenza sulle donne può manifestarsi in forme molteplici, più o meno crudeli, più o meno subdole e non è detto che lasci sempre marchi visibili sul corpo: essa infatti può provenire non solo dall’uomo, ma anche dalla società, che la favorisce o in taluni casi la provoca attraverso le sue discriminazioni, i suoi stereotipi, le sue istituzioni. In ogni caso, in qualsiasi forma venga esercitata, la violenza rappresenta sempre l’esercizio di un potere che tende a negare la personalità della donna: brutalizzando il suo corpo o la sua anima si afferma il dominio su di essa, rendendola oggetto di potere la si priva della sua soggettività .

Il femminicidio quindi è un fatto sociale: la donna viene uccisa in quanto donna, o perché non è la donna che l’uomo o la società vorrebbero che fosse.

Rompi il silenzio nasce nel 2005 come Associazione ONLUS; dopo il corso di formazione (obbligatorio per chi intenda prestare il proprio tempo, in modo volontario, all’interno di un centro antiviolenza) a metà del 2006 le operatrici formate aprono il centralino telefonico a cui le donne possono rivolgersi per informazioni, consigli e, soprattutto, per avere un colloquio.

Ad oggi il Centro è gestito da 16 Operatrici formate, 1 Operatrice/Educatrice/responsabile di Casa Artemisia a contratto, 1 Operatrice a progetto; ed è in corso la V edizione del corso di formazione per nuove volontarie.

In questi 9 anni di attività e con l’apertura della propria sede per l’accoglienza alle donne vittime di violenza, RIS è diventato un Centro Antiviolenza a tutti gli effetti, il solo nella nostra Provincia:

  • è inserito nel numero nazionale antiviolenza ‘1522’;
  • fa parte del ‘Coordinamento Regionale dei Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna’ e dell’’Osservatorio Regionale’ per la raccolta dati inerenti la violenza di genere per singolo territorio;
  • collabora con la Provincia di Rimini e gestisce uno sportello all’interno degli ‘Sportelli Per Lei’;
  • collabora in convenzione a titolo gratuito con il Comune di Rimini (sportello all’interno di ‘La Casa delle Donne’) ed il Comune di Montescudo
  • ha parte attiva all’interno della ‘Rete antiviolenza Provinciale’ e collabora con FFOO, Servizi Sociali/ Tutela Minori, associazionismo;
  • gestisce ‘Casa Artemisia’ e ‘Casa Meli’, le case rifugio che accolgono donne e minori vittime di violenza che devono lasciare il proprio domicilio in situazioni di emergenza;
  • propone, organizzando o in collaborazione, eventi, conferenze, etc. e tutto ciò che possa sensibilizzare nei riguardi del tema ‘violenza di genere’.

Ma a cosa serve un Centro Antiviolenza in una Provincia come la nostra?

Ecco, in breve, alcune delle nostre attività/finalità:

  • Offrire aiuto alle donne vittime di violenza, molestie, maltrattamenti o che vivono il disagio familiare, garantendone l’anonimato, attraverso una relazione significativa con altre donne per recuperare e restituire autonomia e dignità.
  • Sviluppare una forte solidarietà tra donne contro ogni tipo di violenza.
  • Promuovere la ricerca, il dibattito e la divulgazione dei temi che riguardano la violenza contro le donne, il riconoscimento del loro valore e dell’inviolabilità’ del loro corpo, anche attraverso la proposta di nuove normative.
  • Organizzare attività a fini educativi sul tema della violenza.
  • Promuovere momenti e luoghi di incontro, di ascolto, di comunicazione, di scambio di esperienze, di solidarietà tra donne.
  • Fornire i dati relativi al fenomeno violenza (Rete Nazionale dei Centri Antiviolenza e altri soggetti).

 I servizi offerti dal Centro

  • colloqui telefonici per individuare i bisogni e fornire le prime informazioni;
  • colloqui d’accoglienza; si svolgono (concordando in base ai tempi ed alle esigenze espresse dalla donna) con una o due operatrici, che instaurano con la donna stessa una relazione di fiducia basata sull’empatia e sul riconoscimento della centralità del suo vissuto. Durante i colloqui si elabora un possibile progetto di uscita dalla situazione di violenza attraverso l’analisi della violenza e la valorizzazione delle risorse sia della donna che del territorio (rete parentale, amicale).
  • colloqui informativi di carattere legale sugli strumenti giuridici cui la donna può far ricorso per tutelare i propri diritti;
  • sportello lavoro (progetto in collaborazione e con il contributo della Regione Emilia-Romagna): colloqui di orientamento, definizione delle competenze, redazione curriculum e contatti con referenti esterni per l’occupazione (Centri per l’Impiego, etc.)
  • Messa in protezione

La metodologia del Centro Antiviolenza è assolutamente specifica e l’impostazione è diversa da quella di qualsiasi altro servizio offerto dalla ‘Rete antiviolenza’. La relazione tra donna ed operatrice del Centro si fonda sulla gratuità e sul rispecchiamento reciproco, essendo fondata sulla libera scelta della operatrice volontaria e sulla libera scelta della donna che si rivolge al Centro: è questa forte motivazione, questo scegliersi non mediato dal denaro o da un affidamento basato sulla disparità, che conferisce senso e significato al percorso comune che si va ad iniziare. Proprio per questo motivo è necessario il coordinamento con la rete territoriale dei servizi, il cui intervento è ispirato ad altri princìpi e metodologie: vengono attivati affiancamenti, qualora la donna lo richieda, con Forze dell’Ordine, strutture sanitarie, assistenti sociali, Consulta Immigrati o altri soggetti. La collaborazione tra servizi e strutture diverse costituisce un presupposto fondamentale per realizzare una rete integrata di sostegno indispensabile alla donna per costruire efficaci strategie di uscita dalla situazione di violenza.

Solo su richiesta della donna può essere attivato un servizio di consulenza psicologica.

In ogni caso, le modalità di intervento con e sulla donna, dovranno essere necessariamente basate su:

  • Garanzia della riservatezza e dell’anonimato
  • Assenza di giudizio, pregiudizio
  • Attivazione solo su richiesta della donna interessata
  • Rispetto della donna e delle sue scelte
  • Utilizzo esclusivo di personale femminile
  • Contestazione del “ruolo” di vittima
  • Instaurazione della relazione tra donne come reciproco arricchimento e “rispecchiamento”di autorità.

Le case di ospitalità, ‘Casa Artemisia’ e ‘Casa Meli’, sono appartamenti nei quali vengono accolte donne con o senza figlie/i che hanno la necessità di lasciare con urgenza le loro case in seguito a situazioni di violenza intrafamiliare. La durata massima prevista per la permanenza in queste strutture varia a seconda delle situazioni, prevedendo un massimo di 180 giorni, rinnovabili qualora il progetto non fosse concluso.

Durante la permanenza in casa, le donne lavorano insieme alle operatrici per iniziare un progetto di ricostruzione della propria autonomia in un luogo protetto.

Come abbiamo visto la principale attività del Centro è il lavoro di accoglienza e di ospitalità delle donne vittime di violenza nelle relazioni di intimità: i dati di anno in anno ci parlano di una situazione sempre più complessa e difficile da sostenere senza un adeguato supporto pubblico, dal momento che sostenere adeguatamente chi aiuta le vittime è il primo atto di responsabilità sociale da parte dei governi locali e nazionale.

  2011 2012 2013 2014
Donne accolte 101 119 206 195
Donne di nazionalità italiana 74 93 144 121
Donne di nazionalità straniera 27 26 62 61
Donne con minori 65 88 123 121

La maggioranza relativa delle donne straniere proviene dai paesi dell’Est europeo; a seguire le donne africane, che provengono in maggioranza dal Maghreb, le donne latinoamericane, le asiatiche, le donne provenienti dalla Comunità Europea. Considerando l’entità della presenza dei gruppi asiatici (in particolare della comunità cinese e bengalesi) vale la pena sottolineare la loro scarsa rappresentazione fra le donne accolte, segno di un maggiore isolamento e chiusura di queste comunità.

Gli autori delle violenze

Fra gli autori di violenza prevale in modo deciso la figura del (ex)partner, una categoria all’interno della quale rientrano: coniuge, convivente fidanzato/amante ed “ex”; a seguire i familiari e i parenti, gli amici e i conoscenti. Fra i conoscenti vi sono colleghi, datori di lavoro e professionisti come medici, ginecologi o psicoterapeuti. Gli sconosciuti, fra cui vi sono anche coloro che commettono violenze in gruppo, sono la percentuale che meno incide (circa 1,9%).

Nella quasi totalità dei casi si tratta di violenze agite da persone che la donna conosce. Un fatto oramai risaputo che distingue la vittimizzazione femminile da quella maschile, tanto in relazione all’esercizio di violenza, quanto in relazione all’omicidio (cfr. EURES, 2009). Degli autori di violenza è stato rilevato anche il genere. Il numero delle donne è esiguo. Nel 2010 le donne autrici di violenze sono state 46, pari all’1,9% di tutti gli autori.

Azioni di sensibilizzazione

Da anni sentiamo la necessità di muoverci nei contesti formativi, ed anche di raggiungere la cittadinanza della nostra Provincia, per far conoscere il fenomeno della violenza, le sue caratteristiche e le strategie di contrasto, per diffondere la cultura della non violenza contro le donne e per far conoscere atteggiamenti di misoginia radicati nella quotidianità.

L’appartenere a generi differenti, l’essere maschio e l’essere femmina necessita di un momento, di uno spazio per potere riflettere, per potere esplicitare le proprie esigenze, per potersi riconoscere, ascoltare e valutare. L’identità di genere è un percorso lungo e complesso, è un processo di acquisizione consapevole del ruolo socio-culturale attribuito al nostro esistere, in primis, come corpo sessuato. Questo percorso inizia fin dalla nascita per poi svilupparsi e diventare significativo nell’età dell’adolescenza e successivamente in età adulta.

La scuola, oltre alla famiglia e alla società, è uno spazio di apprendimento e anche di importanti relazioni per la vita di ciascuno/a, di maschi e femmine. È proprio nella scuola che ragazzi e ragazze hanno la possibilità di confrontarsi, di porsi in relazione tra pari, ma anche con il mondo degli adulti rappresentato, in questo caso, dagli insegnanti.

Da qui, la necessità di porre l’attenzione sui vissuti di ciascuno/a, di valorizzare le differenze, di promuovere consapevolezza sui diversi modi di essere, di sostenere una sempre maggiore responsabilità verso le proprie scelte al fine di individuare una possibilità di scambio, confronto e incontro tra i due generi. Ecco quindi la necessità di intervenire progettando moduli formativi per ragazzi e ragazze al fine di offrire loro non soltanto nozioni informative, ma soprattutto occasioni di scambio, di confronto ed anche strumenti per individuare quei campanelli d’allarme all’interno di una relazione d’amore, che consentono di affrontare con maggiore consapevolezza il problema della violenza alle donne.

I Centri Antiviolenza come il nostro credono nella forza delle parole, nello scambio di energia che creano, nel circuito virtuoso di azioni e reazioni che mettono in moto. Noi tutte crediamo che sia importante, qui ed oggi, in un giorno qualsiasi, mettere ancora una volta in parole il concetto che le donne non sono sole nella loro battaglia. Che dalla violenza si può uscire. Noi ci siamo e siamo al loro fianco. E non solo nelle feste comandate.